NOTIZIE 2007

  Associazione Trapiantati Organi Puglia Onlus

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Il ministro Turco: “Il sistema italiano, sinonimo di eccellenza”

Per quantità e qualità, siamo ai primi posti in Europa e nel mondo. E le nostre professionalità vengono richieste per stimolare la ricerca

L'Italia può essere fiera della sua rete per i trapianti di organo. La promozione arriva dal ministro della Salute in persona, Livia Turco, nel corso della presentazione della campagna per la donazione di organi promossa dalla presidenza del Consiglio e dallo stesso dicastero da lei presieduto. Il ministro ha ricordato che il nostro Paese è “il primo in Europa per il numero di trapianti di fegato, per la qualità dei risultati e per la loro trasparenza; quello con la maggiore donazione di tessuti e di trapianti di cellule staminali emopoietiche. Ed è stato in grado di costruire, primo al mondo, una procedura che assicura a tutti i pazienti un identico accesso ai registri internazionali dei donatori di midollo e delle banche di cordone ombelicale”.
Proprio in questi giorni, ha aggiunto il ministro, “l’Organizzazione mondiale della sanità ha proposto al Centro nazionale per i trapianti un progetto per la raccolta e la gestione degli eventi avversi in questo tipo di interventi”. Inoltre le organizzazioni europee di trapianto “ci hanno confermato alla guida del gruppo di ricerca in materia di sicurezza e qualità dei trapianti, e le linee guida della nostra attività trapiantologica saranno utilizzate come base per la futura direttiva europea in materia”.
La Turco ha ricordato, tra i vanti del nostro Paese, anche la “realizzazione del programma di trapianti in pazienti sieropositivi, la leadership nel settore della valutazione del rischio di trasmissioni di patologie tumorali tra donatore e ricevente, l'affidamento del database internazionale per la raccolta dei dati su cellule e tessuti”.
 

“Credo - ha concluso il ministro - che la fiducia degli italiani, confermata dall'andamento delle donazioni, sia ben riposta. Ma dobbiamo comunque impegnarci di più perché il numero dei trapianti possa aumentare, per poter assicurare ai pazienti in lista d'attesa un futuro da persone guarite dalla malattia”.

(www.daivaloreallavita.it – luglio 2007)

 

Gli italiani in attesa di trapianto scelgono di rimanere in Italia

Si inverte la tendenza a rivolgersi all’estero così diffusa in passato: meno di 200 i pazienti in attesa di un intervento fuori dal nostro Paese

 

Gli italiani che hanno bisogno di un trapianto d’organi, scelgono di restare nel nostro Paese. Non hanno quasi più bisogno di partire per mete straniere, un tempo gettonatissime per questo tipo di intervento. La conferma di questo trend arriva da Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti, che, dati alla mano, stima nel 2005 una riduzione ulteriore dei pazienti in lista d’attesa oltre i confini nazionali. “Se nel 2003 erano 215 ad attendere un nuovo organo all’estero, nel 2005 possiamo stimare che siano tra i 160 e i 200. Di questi, inoltre, circa il 50% è iscritto sia in Italia che fuori confine. Ad esempio in Francia, meta favorita dagli italiani e di cui disponiamo di dati certi, il calo dei nostri connazionali in lista d’attesa è stato di ben il 40%”.


E si tratta di dati importanti considerando che “tra il ‘92 e il ‘93 il 50% di italiani attendeva un nuovo organo all’estero. Attualmente, invece, la percentuale si aggira attorno al 2%”, su un totale “di circa 9 mila italiani in attesa di trapianto”. E se da un lato sono senz’altro i nostri connazionali a essere meno attratti dai centri stranieri, confortati “dall’ottima qualità dei trapianti realizzati in Italia”, dall’altro sono anche “regole indubbiamente più rigide” ad aver inciso su questa inversione di tendenza. A livello europeo, infatti, si è assistito a un giro di vite su iscrizioni doppie in lista d’attesa e migrazioni legate a questo tipo di intervento. “In Spagna, ad esempio - spiega Nanni Costa - è necessario essere residenti per poter ottenere un trapianto d’organi. Ma anche Francia, Germania e Olanda, ad esempio, accettano con molte più difficoltà e solo in casi particolari iscrizioni dall’estero”. Tra le mete più gettonate dagli italiani che si affidano comunque a centri e chirurghi stranieri per affrontare un trapianto d’organi, figurano Francia, Belgio, Germania e Gran Bretagna. Ma anche “l’Austria, soprattutto per i trapianti di reni”, precisa l’esperto. Proprio questo tipo di intervento - il trapianto di rene - ha visto in Francia gli italiani passare “da un numero di 146 in lista d’attesa nel 2000 agli appena 54 del 2005”. E a prova di un trend che premia l’Italia, “che dal ‘92 ha aumentato di ben quattro volte il numero di interventi”, ci sono anche le autorizzazioni rilasciate dal nostro ministero della Salute nel 2004 agli italiani che migrano all’estero per sottoporsi a controlli dopo il trapianto.

“Sono state soltanto 888 - precisa Nanni Costa - a fronte dei circa 40 mila controlli che noi eseguiamo ogni anno”.

(www.daivaloreallavita.it – luglio 2007)

 

 

Trapianti, il rischio di trasmissione di tumori è più basso del previsto

Nuovi studi italiani dimostrano che il cancro può passare solo se la malattia nel donatore è a uno stadio già avanzato

 

È meno rilevante di quanto ci si potesse immaginare il rischio che, durante il trapianto di un organo, possa verificarsi anche il trasferimento di cellule tumorali.

È quanto dimostrano alcuni studi italiani presentati di recente a Roma, nel corso di un convegno internazionale organizzato dal Centro nazionale trapianti dell'Istituto Superiore di Sanità e dall'università di Pittsburgh (Usa).
“Finora non c’erano dati certi sul rischio della trasmissione di un tumore durante il trapianto e si riteneva che questo fosse comunque elevato”, ha detto il direttore del Centro nazionale trapianti, Alessandro Nanni Costa. Uno dei fattori di rischio era considerata l’età media dei donatori, il 42,5% ha più di 60 anni, insieme alla la terapia immunodepressiva antirigetto nel ricevente.

“Per la prima volta - ha aggiunto - i dati italiani dimostrano che il rischio è meno elevato di quanto si ritenesse”.
Gli studi italiani, in parte pubblicati sulla rivista internazionale “Transplantation” e in parte in corso di pubblicazione sugli Annali dell'Istituto Superiore di Sanità, sono il risultato del primo studio prospettico condotto su migliaia di pazienti grazie al registro istituto dal 2003.
Grazie al registro sono stati stabiliti criteri che, per ciascun donatore, hanno permesso di evidenziare diversi livelli di rischio (da quello standard a non conosciuto, da calcolato a inaccettabile). In quattro anni, ha proseguito Nanni Costa, grazie a questa griglia di valutazione è stato individuato un ipotetico rischio in 1.300 donatori.
 

Contemporaneamente sono stati tenuti sotto controllo i riceventi e, fra questi, una ventina hanno ricevuto un organo da parte di donatori nei quali il tumore non aveva dato alcun sintomo e non era stato quindi diagnosticato. “E' risultato che nessuno dei riceventi ha la malattia”.
Da quanto osservato finora, risulta che il tumore può trasmettersi con un trapianto solo se la malattia nel donatore è a uno stadio avanzato. Si fa intanto strada l'ipotesi che esista un meccanismo di protezione naturale, una sorta di incompatibilità, capace di bloccare le cellule tumorali.

(www.daivaloreallavita.it – giugno 2007)


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