ASSOCIAZIONE ONLUS

TRAPIANTATI ORGANI

REGIONE PUGLIA

 

Dall’edizione italiana di SCIENTIFIC/AMERICAN

LE SCIENZE Aprile 2000

 

Un nuovo farmaco si aggiunge alla ciclosporina per sconfiggere definitamente il rigetto acuto.

 fino a vent’anni fa il trapianto era un azzardo a cui si ricorreva solo nei casi più disperati, quelli per i quali non esistevano possibilità alternative. Poi, con l’evento della ciclosporina, i trapianti si sono fatti sempre meno rischiosi tanto che la sopravvivenza a 5 anni degli organi trapiantati si è ora attestata intorno all’80% per il rene e al 60% per il polmone. Ma, anche se con la nuova formulazione del 1996 in microemulsione la farmacocinetica della ciclosporina è notevolmente migliorata, essa non basta a proteggere tutti i soggetti dal rigetto acuto, quello che si verifica entro i primi due mesi dal trapianto.

 

Ora però Novartis ha utilizzato la tecnologia del DNA ricombinante per mettere a punto una nuova molecola, basiliximab, studiata proprio per neutralizzare il rigetto nel periodo immediatamente successivo al trapianto. Il nuovo prodotto è in realtà un anticorpo monoclonale chimerico(in parte umano e in parte murino) dotato della peculiare proprietà di bloccare il recettore dell’interleuchina 2 presente sui linfociti T attivati dalla presenza di tessuto estraneo trapiantato.

 

 

Somministrato 2 volte sole, prima e dopo il trapianto, il farmaco in questione mantiene la sua posizione su i linfociti per settimane bloccando la reazione di rigetto acuto. La sua azione così specifica non ha effetti collaterali, non favorisce in alcun modo le infezioni opportunistiche e si somma con vantaggio a quella della ciclosporina, come hanno confermato 50 studi clinici condotti in tutto il mondo su 1200 pazienti.

Un farmaco innovativo ed efficace che ha avuto il riconoscimento della facoltà di farmacia dell’università di Milano con il premio Galeno 1999. La premiazione ha offerto l’occasione al primario nefrologo del Policlinico di Milano, Prof. Claudio Ponticelli, di fare il punto sul trapianto di rene in Italia e sulla situazione dei 35.000 pazienti in dialisi che potrebbero risolvere il loro problema con il trapianto.

 Potrebbero, si è detto, ma non ci riescono in quanto i trapiantati eseguiti lo scorso anno sono stati solo 1200, di cui appena 80 da viventi. Eppure, proprio i trapianti da vivente sono quelli che riescono meglio, in quanto l’organo non subisce quel bombardamento di sostanze tossiche che si accompagna inevitabilmente all’agonia e alla morte. Tra l’altro il rischio per il donatore è del tutto trascurabile e il rene rimasto svolge perfettamente la funzione renale.

 Anche la necessità di fare la donazione solo tra consanguinei compatibili è venuta meno con i nuovi farmaci immunosoppressori e si è visto che, per esempio, la donazione tra coniugi dà ottimi risultati e non solleva obiezioni da parte dei comitati etici. Si spera tanto che tra i 35.000 dializzati ci siano coppie così affiatate da raccogliere queste notizie e messaggio.

 

 

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