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Svolta per i trapianti: utilizzabili anche organi da donatori con epatite C attiva

Ok dell’AIFA alle indicazioni elaborate dal CNT in collaborazione con ISS che prevedono l’utilizzo immediato dei farmaci antivirali ad azione diretta con costi a carico del SSN: secondo le stime sarà possibile realizzare circa 150 trapianti in più all’anno

Roma, 22 settembre 2025 – Il Centro nazionale trapianti, in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, ha ottenuto dall’Agenzia italiana del farmaco il via libera all’utilizzo, a totale carico del Servizio sanitario nazionale, dei farmaci antivirali ad azione diretta anche per il trattamento immediato dell’infezione da virus dell’epatite C (HCV) dopo un trapianto di organo o di midollo. La notizia è stata annunciata dal direttore del CNT Giuseppe Feltrin al 48mo Congresso della SITO, la Società italiana dei trapianti d’organo e di tessuti, in corso da ieri a Milano.

Questa decisione consentirà di impiegare organi e cellule staminali emopoietiche provenienti da donatori con infezione attiva da HCV anche su pazienti negativi in attesa di un trapianto: questo perché sarà possibile contrastare tempestivamente l’infezione eventualmente trasmessa col trapianto stesso con terapie ad altissima efficacia, salvaguardando sia la riuscita dell’intervento, sia la sicurezza e la salute complessiva del paziente.

Fino ad oggi gli organi di donatori con infezione attiva da HCV erano destinati quasi esclusivamente a riceventi affetti da epatite C cronica, anche se in attesa di organo diverso dal fegato, per un totale medio di 60-70 trapianti l’anno (30-35 di fegato, 25-30 di rene, circa 5 di cuore). Secondo le nuove indicazioni proposte dal CNT e approvate dall’AIFA, sarà possibile avviare il trattamento antivirale su tutti i riceventi al primo eventuale riscontro di positività subito dopo il trapianto. Si apre così la possibilità di estendere l’utilizzo degli organi di questi donatori per tutti i riceventi. Il CNT stima che sarà possibile realizzare circa 150 trapianti in più ogni anno, pari a un incremento del 4,4% rispetto al totale.

“Questo risultato è molto importante – commenta il presidente dell’Istituto superiore di sanità Rocco Bellantone – e dimostra come la ricerca e l’innovazione possano essere una ‘gamba aggiuntiva’, che si affianca alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul tema delle donazioni, per salvare sempre più vite grazie ai trapianti sempre mantenendo gli altissimi standard di sicurezza che caratterizzano il sistema italiano. Siamo orgogliosi di aver dato il nostro contributo, e speriamo in una rapida adozione di questo nuovo protocollo per dare una speranza in più alle troppe persone che sono in lista d’attesa”.

Per Giuseppe Feltrin, direttore generale del CNT, “questo traguardo arriva alla fine di un lungo e complesso percorso, reso possibile dalla collaborazione fattiva tra il CNT e l’AIFA, favorita dal prezioso contributo dell’Istituto superiore di sanità, che ringrazio. Per un ricevente negativo, la possibilità di contrarre l’HCV con un trapianto da un donatore con infezione attiva è estremamente elevata, ma l’efficacia dei farmaci antivirali ad azione diretta nel curare l’infezione è stimata al 98-99% con possibilità di utilizzare terapie di seconda linea nella remota eventualità di un fallimento: l’utilizzo precoce delle terapie consentirà di aumentare il numero dei trapianti continuando a garantire ai massimi livelli la sicurezza e la qualità degli interventi, a beneficio degli oltre 8mila pazienti attualmente in lista d’attesa, che potranno contare su nuove opportunità per ricevere l’organo di cui hanno bisogno”.

“L’approvazione da parte di AIFA dell’utilizzo, a carico SSN, dei farmaci antivirali ad azione diretta anche per il trattamento tempestivo dell’epatite C nei pazienti trapiantati è il frutto di un lavoro condiviso e di una proficua collaborazione tra istituzioni, che rende l’Agenzia orgogliosa di aver contribuito al raggiungimento di questo risultato”, sottolinea il presidente di AIFA, Robert Nisticò.

“Si tratta di una novità molto importante, perché rende possibili nuove strategie di cura e impatta positivamente sia sulla tutela della salute pubblica sia sulla sostenibilità del sistema. La conseguenza diretta dell’approvazione dell’estensione d’uso è infatti costituita dalle concrete possibilità di ridurre i tempi di attesa, migliorare la salute di molti pazienti e salvare più vite, garantendo sempre qualità, sicurezza ed efficacia delle terapie, ottimizzando l’uso di risorse preziose e coniugando dunque innovazione terapeutica e sostenibilità, nell’interesse primario dei pazienti”.

Alle nuove indicazioni hanno lavorato Giuseppe Feltrin, Silvia Trapani, Francesca Puoti (Centro nazionale trapianti), Patrizia Burra, Francesco Paolo Russo, Martina Gambato, Marco Schiavon, Federico Rea (Azienda Ospedale-Università di Padova) e Paolo Antonio Grossi (Università degli Studi dell’Insubria e ASST-Sette Laghi di Varese).

 

 

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